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L’inchiesta più veloce del mondo
«La prima volta che ho provato la pista, ho pensato che qualcuno si sarebbe ammazzato»
Tony Benshoof – USA
È doloroso tornare a parlare della morte di Nodar Kumaritashvili, lo slittinista scomparso a Vancouver poche ore prima dell’inaugurazione ufficiale dei Giochi invernali. Lo è anche perché, al di la della tragedia umana, man mano che passano le ore si ha sempre di più quella sensazione da The show must go on che da sempre è propria di queste grandi rassegne.
Per carità, nessuno si scandalizza. Partite e campionati di calcio sono sempre continuati nonostante tutto il becero che c’è dentro e fuori dagli stadi, e così le gare di ciclismo, i mondiali di F1 e quant’altro.
Ma non è perlomeno strano che, in meno di 24 ore, si sia già raggiunto un verdetto sulle cause dell’incidente. La tragedia – questa è la versione ufficiale della federazione internazionale dello slittino (Fil) – è stata provocata da un errore dell’atleta, incapace di correggere la traiettoria e quindi finito fuori pista alla curva 16.
Verdetto che, però, stona con le dichiarazioni del presidente della stessa Fil, Joseph Fendt, pubblicate sul Daily Telegraph: «La pista – avrebbe detto – è troppo veloce. Avevamo pianificato che la velocità massima fosse di 137 km orari, invece è superiore di quasi 20 km. Pensiamo che ci sia un errore di progettazione».
Errore che, ovviamente, va provato dati alla mano. Uno di questi dati è la velocità toccata dal povero Kumaritashvili prima dello schianto: oltre 144 km/h secondo i media canadesi. Pare addirittura che l’austriaco Pfister abbia raggiunto i 154 km/h, e che il dislivello tra partenza e arrivo sia di 152 metri, contro i 149 previsti.
Insomma, la faccenda sembra più complicata di quello che sembra far credere il comunicato della Federazione. Ma intanto sappiamo che Kumaritashvili è morto per colpa sua.
Lo spettacolo può continuare.